sabato 4 marzo 2006

Labirinto

"Zeus non potrebbe sciogliere le reti
di pietra che mi stringono. Ho scordato
gli uomini che fui; seguo l'odiato
sentiero di monotone pareti
ch'è il mio destino. Dritte gallerie
che si curvano in circoli segreti,
passati che sian gli anni. Parapetti
in cui l'uso dei giorni ha aperto crepe.
Nella pallida polvere decifro
orme temute. L'aria mi ha recato
nei concavi crepuscoli un bramito
o l'eco d'un bramito desolato.
nell'ombra un Altro so, di cui la sorte
è stancare le lunghe solitudini
che intessono e disfanno questo Ade
e bramare il mio sangue, la mia morte.
ci cerchiamo l'un l ' altro. Fosse almeno
questo l'ultimo giorno dell'attesa."
jeorge luis borges



non credo ci siano mai state parole più belle e vive per sentire il labirinto.
vorrei poterne uscire anche io. ma quello che sento, è quello che ho scritto,
e Borges mi consola, ed ecco, le nostre solitudini crude a rendersi vicendevolmente omaggio, lui, non smettendo di raccontarle, io sentendole nelle mie vene, lacrime sciogliendo in fondi di vetro.
mi manca l'aria. mi manca il tempo. lo spazio.
magari..non è tutto così definito.
sto perdendo anche il circa e il quasi, i ma e i se, e il beneficio del dubbio.
teli neri all'orizzonte, e voglia di mordere, non ho bianche colombe intorno, i corvi gridano, e solo vorrei. dormire.
scappare.partire. gridare.
morire, con questo mio unico compagno, il corpo.



Nessun commento: