mercoledì 25 settembre 2013

Un lunedì

Piangi.
Piangi il dolore degli altri,
con gli altri, per gli altri.
Ridi solamente di te stesso.

Il cinismo confuso,
il rantolare sommesso
- a metà per il fumo,
o per il sesso.

Il verso che suona sempre
a sonora presa in giro.
Un giocoliere che non vuol fare
il presidente né il commesso.

Urla, urla dalla finestra,
povero fesso.


mercoledì 31 luglio 2013

La prima sabbia

La prima sabbia è come un bacio,
lento e delicato,
uno ad uno assaporando i chicchi magici,
il frutto proibito,
lo spazio aperto,
la libertà limitata eppure estesa,
sconfinata.

La prima sabbia è come l'acqua,
scìvola,
la scopri stringendo i pugni,
la senti nei malleoli,
ti penetra,
non ti fa male.

La prima sabbia sono i tuoi capelli,
scomposte chiome al sole,
un singhiozzo con la gola,
una virgola in bocca.

La prima sabbia sei tu
che cammini nel sole con le mani,
- le gambe muto accompagnatore -
e nel vento sorridi:
hai dieci mesi,
e ciò mi basta.


venerdì 10 maggio 2013

Emergenze


Duino.  

Attraverso un albero bianco,
delle maschere, 
volti d'arpia
o dita di pianoforte, 
mi stavano sussurrando nel vento
la verità, 
e non riuscivo a carpirla. 
Così la pioggia, 
nel morse delle grate, 
scolando giù per la tettoia. 
Non riuscivo a decifrare nessuno 
di quei codici. 
Consapevole di questa negazione, 
si calmò l'animo mio addormentato,
e caddi, 
"come corpo morto cade". 

27 aprile 2013. h00,57. 

lunedì 15 aprile 2013

Lullaby

Le dinamiche familiari,
immobili come un ossimoro.

La particella impazzita,
cosa ne sarà della sua strada.

Si annega, si asciuga.
E i segni sulla pelle, quelli del tempo
o della vita.

E se le cose fossero semplicemente 
così: molli come questa carne.
Come le cosce nello specchio,
come le forme della donnamamma,
nella sostanza ancora infante.

E se riuscissi a contenermi,
a tenermi con me, almeno.
E se finissi domani,
bruciata dal cerchio di fuoco 
per un salto estremo, mal calcolato?

Piccole mani spettinano i pensieri,
e tirano i capelli come campane,
per riportarmi a me, a lei,
a noi. 

giovedì 11 aprile 2013

A te che dormi

Poter riacquistare, per un istante,
il viso dell'infante
un attimo prima di arrendersi al sonno
allungherebbe l'esistenza.

La lotta con la veglia,
per la conoscenza dell'ultimo dettaglio,
quantunque sia forbice, arancio o canovaccio
per noi talmente comune da dimenticarcene.

Il rantolare a picchi, il sapore di latte
dentro il fiato,
la mano tesa, cercando un limite
dentro il contenitore del caso.

E poi il viso, sempre lo stesso:
l'occhio aperto a metà,
 il naso diritto, il torace sollevato,
e sulla bocca di seta
la fiera espressione del soldato.