mercoledì 16 dicembre 2009

IL DESTINO DI MARUZZELLA

Racconteró di te, Maruzzella,
creatura gioviale e triste insieme,
condannata a render bella
la vita di chi piú le preme,
senza tener in conto
l'antico detto della ciambella.

Respirando le felicitá degli altri,
al tuo sguardo, alla tua dedizione
non di rado ti trovasti
davanti all'ennesimo tenzone:
prendere o lasciare?

Tu prendi Maruzzella,
-la risposta d'altronde è sempre quella-
per la tua stessa solitudine
che non ti è sorella,
ma questo glielo racconti
sotto il cuscino
al ventre di turno, o all'amico
davanti al camino.

La tua vita é cogliere
e restituire il triplo
ad ognuno della propria essenza.
Ma tu, all'assenza
di reazioni uguali inabituata,
con quella concezione del mondo
come di una casa fatata,
ti perdi in un girotondo
di pensieri facce e persone,
e finisci a rivoltare la frittata.

E' il tuo destino bimba bella,
saltar di fior in fiore,
belli, brutti, tonti, scaltri
dimenticando ogni sapore
perché lo ricordino gli altri,
al risvegliarsi dal torpore.

martedì 15 dicembre 2009

GLI ULTIMI GIORNI

Furono giorni bislacchi,
c'era togliere via gli stracci
inscatolare scarpe e tacchi.
C'era l'andare
stanco e squilibrato
di colui che scrive a caso,
senza ritmo né verso,
senza usare capoverso,
e con una rima
che mai raggiunge
il verso prima.
furono giorni di transustanziazioni,
di letti di sfatti
di fatti e riflessioni.
Ci furono svariate proposte,
forse, ci furono risposte
che fingemmo di non sentire.
Ci fu il voler semplicemente dormire,
sulla sua pelle si seta.
Ci fu l'abbandondare
svogliato e sciatto,
mancó da rifinire una maqueta.
Ci fu la squisitezza
dell'ultimo piatto
di paella, il vedersi brutta
e insieme bella,
ci furono regali sonagli
luci e colori, le discussioni
nate per gli sbagli, in casa e fuori,
parlando d'ipotetici figli e abbagli
che s'affacciavano incerti
sul davanzale del cuore.
Ci fu sognare di farti l'amore,
mentre le mani scontornavan
la tua assenza.
Ci furono giorni con te e anche senza.
Mai mancó l'essenza,
a riscaldare questo temponebbia
e mentre la mente
s'arrendeva all'evidenza
della bipolaritá di transizione,
chiuderai quella valigia
senza alcuna spiegazione.

domenica 13 dicembre 2009

Il sabato del villaggio

qualcuno mi salvi dalla mia follia.
tutto diventa irrespirabile.
l'aria è una cosa blu insensata.
le figure non si vedono,
l'immaginazione esaspera amplessi
alieni a noi stessi
rivolgiamo preghiere stanche
all'anima che non vuole piú ascoltare.
Non c'è strada né uscita
per le mie impossibili vertigini.
La paura che il tuo fiore
tu, non voglia fartelo cogliere,
si maschera d'egoismo
in sprazzi di luciditá amara.
come non amare sè stessi
perché ci si ama troppo.
proteggendo il tuo temp-io
come con la sacralitá d'una vestale
impazzita.
finirai come quei pazzi che cercavano
l'uomo senza vedere sé stessi.

Amen.

venerdì 11 dicembre 2009

TORNARE.

Tornare, o partire.
Tornare a scrivere, o lasciare. Sará questo poi, l'ultimo post ed il primo dopo un anno che non tocco la mia carta digitale. non mi mancava, ma forse sí.
Nel frattempo, vieppiú supporti si sono contaminati della mia calligrafia. tra questi, pacchetti di sigarette, carte, fazzoletti, pezzetti di legno e d'anima, e un quaderno meraviglioso, regalo d'un nuovo e forse unico (ecco che torna il termine, "non è l' amore che (ri)torna ma quello che finalmente nasce) Amore.

Tornare dunque. Assodato il prologo dovuto e dovente sul perchè il mio luogo é rimasto orfano "por tanto tiempo", torniamo al tema del tornare. O iniziamolo, per salvare la schizofrenia della prosa.




Sto abbandondando un luogo e sto tornando o sto partendo verso un luogo nuovo.
é questo che mi chiedo nelle pagine larghe della vita, e in quelle strette dei passi che misurano i marciapiedi le ultime volte eppure lo fanno con la stessa naturalezza di un nativo del posto che sa che non lascerá mai su "hogar".

La bipolaritá mi sorride, mentre scrivendo in italiano sorseggio mate, finalmente una mia "matera", - io, che adesso non ne ho bisogno!- il mio tavolo pieno di pezzetti di ricordi in forma d'oggetti e alluminio, e mi chiedo, mi prefiguro, mi immagino, mi vedo, poi sorrido, poi caccio improvvisamente un grido.
"brindo por el futuro con la noche de testigo" cantano los rodriguez nella macchina intelligente, e in realtá è vero. non spaventa tornare, il tornare ora e' quasi agognato, ma il contesto, il contesto ci spaventa. Un pensiero nello zibaldone tra il lavoro e le frasi d'autore, mi ha scosso.

Ho avuto paura, paura del mondo etichetta, Milano, di cui contribuisco a caricare lo stereotipo forse perchè cosí la vedo talmente piccola e alla mano che quasi non fa piú paura, o forse perchè categorizzare i luoghi ti aiuta ad adattarti ad essi con la migliore strategia, prima di viverli.

Ma a te, ho mai catalogato Madrid? Il tuo nome è cosí un grido di gioia che per pronunciarlo devi allargare gli angoli della bocca... come sei semanticamente allegra, cittá mai vissuta eppure, eppure buona con me!
Ti ho bistrattato, preferito, guardato con sufficienza, preteso di conoscere, poi disconosciuta, e tu eri lá. Con i tuoi negozi e i tuoi bar de tapas, con la tua bislacca calle montera dove un micromondo si muove in armonia con tutto il resto senza per questo invadere o molestare l'altrui fluire degli eventi.

Terra di nessuno, terra compagna d'ore felici (e anche le tristi, suonavano ovattate, coperte dagli Hola y Adiós dei vicini nel patio), ti lascio e con te lascio tutto ció di cui sei degna capitale.
Mi perdonerai se dimentico qualche ricordo nel cammino, la mia valigia è soggetta a tariffa e giá le gambe poco sostengono il peso di piú di diecimila giorni di ricordi in castellano.
Mi servirá il tuo sorriso, quando guarderó negli occhi di chi mi guarda e non capisce, nelle facce dell'invidia o della noncuranza (quale della due piú frequente non lo so, giá che le due sono gemelle monovulari.) per cercare tra i mille sguardi quelli sinceri, e riconoscerli, e farli miei.
Mi servirá la tua capacitá di tollerare, per tutti i momenti in cui mi accecherá un'ira diversamente interpretata, e risucchieró parole e lacrime dentro gli occhi del cavallo di guernica.
La mia disperazione saranno i molli orologi di Dalí, il mio andare obliquo.
La mia natura sará il non avere angoli, come insegna il buon Gaudí.
L'intero Parque del Retiro in un giorno di sole sará la mia energia, la scioglievolezza del verso,
el idioma.
In me ti porto, per affrontare il mondo di fuori.

Ce n'è uno ancora piú piccolo, di mondo, del quale non si puó parlare perché non ci sono parole abbastanza alte per descrivere il sublime. Ma questa è un'altra storia, che abbiamo raccontato da un'altra parte. Un giorno, qualcuno la leggerá. E il resto, è ancora tutto da scrivere.