mercoledì 6 gennaio 2010

Il gioco del mondo.

Holiveira, la sua hangoscia
mi entra nelle ossa. Gira, spinge, ed entra dentro di me.
Oggi riprendo i medicinali sui comodini nuovi eppure stanchi.
Brividi nella pelle, brividi holiveiriani.

Vomito al mio specchio parole che non sappiamo,
sentendomi felice nei nuovi abiti, uguali a tutti gli altri riposti nell'armadio.

L'esistenza non riscalda. Le letture fotografano troppo,
o troppo bene, e ti impediscono di tentare nuovi approcci,
che solo si consumano in patetiche illuminazioni letterarie,
subito incenerite dall'ennesima accensione.

Il tuo stile incontrollato e sciatto,
come sempre, rigurgita vocabolari che ormai non so se mi appartengono o no.
Forse non mi sono mai appartenute.
Forse sono parole d'altri, o di altre.

La dannazione di vivere in una dimensione del sogno, come le notti bianche di San Pietroburgo.

Perchè non si riesce ad essere mai felici,
per soggetti come noi?

Perchè non abitare un altro corpo,
o forse un'altra anima,
perchè questi repentini cambi di scena,
questi sùbiti singulti dell'io,
che in un momento si riconosce e quasi
istantaneamente perde la soluzione vicina
con un supplizio nemmeno tantalico tanto effimera è la sua durata?

Holiveira mi possiede, o forse sono io che possiedo lui,
avviluppata in pagine umori e vita vera.
La vita vera. Forse mi rendo conto,
che non esiste che nel sogno.

E a nulla serve la consolazione degli altri,
che di questo stato hanno saputo farsi profeti,
le cui parole non vanno ritoccate neanche di una virgola,
a nulla serve l'angoscia di Lisboa,
il desassosiego,
l'apprendimento svogliato di un portoghese spicciolo
per ovviare ai brividi e al tedio,
a nulla le parole dell'uomo di Duino, di San Pietroburgo,
di Buenos Aires.

Io sono colui che sto leggendo,
oppure è lui che vuole entrare in me,
con un impossibile anelo.

Che gli dei mi concedano il beneficio della veglia,
o della stupidità, o l'arma della penna e del foglio
a macchiare centinaia di pagine per guardare
questa passione come nient'altro che
una (s)piacevole lettura.

Altrimenti, un giorno o l'altro,
ne morirò.

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