lunedì 30 agosto 2010

Risvegli

Ci dev'essere qualcosa,
nel modo in cui le persone dormono,
come la chiave di volta per entrare nei loro mondi,
il decifratorio dei codici di ogni letto e anima,
la tripartizione mescolata da Freud,
e ogni altro vicolo cieco che la vita ci preclude.
Mi piacerebbe penetrare in quei sonni,
in quei silenzi sfilacciati o umidi,
in quel rantolare sommesso,
e strappare in tempo un frasario breve,
quindici o venti formule, non di più,
da utilizzare all'uopo o a caso,
assicurandomi di non sbagliare.

Se potessimo leggere di ciascuno
i vasti geroglifici dell'inconscio,
per farci un'idea senza domande,
senza fare male lasciando impronte,
come sarebbe il nostro risveglio?

Più conscio, meno sicuro?
Sicuro di noi stessi, meno degli altri, o viceversa?
Sarebbe un caffè tra le lenzuola differente,
orfano di occhi socchiusi a carpire cose che non vogliamo,
o che in fondo cerchiamo per poterci dire che non c'era bisogno.

Sarebbe l'agghiacciante lucidità di sapere
che non siamo stati sognati, o forse sì,
o che sogni simili evolvevano in maniera complementare,
mentre la nostra tentazione alla vita interiore scompare
lasciando dietro di sè un mucchio di specchi rotti,
e un ciarpame in cui è meglio per noi non rovistare.